Danni polmonari nei pazienti post Covid-19. In una quota di pazienti Covid-19 infettati dal virus SARS-CoV2 e poi sopravvissuti, può persistere, anche dopo la cosiddetta “guarigione clinica”, una difficoltà respiratoria (mancanza di respiro) sia a riposo che a seguito di sforzi fisici anche modesti, variamente accompagnata ad alterazioni della frequenza cardiaca.
Si tratta di sintomi importanti e da non sottostimare, in quanto rivelatori di una non completa efficienza funzionale cardio-respiratoria. Purtroppo, l’identificazione e la quantificazione di questo tipo di lesioni residue è risultata estremamente difficoltosa nella pratica clinica fino a qualche mese fa.
Abbiamo intervistato il Dr. Roberto Walter Dal Negro — uno dei massimi esperti italiani in ambito pneumologico, attualmente Responsabile del servizio di Pneumologia presso il CEMS, già direttore della U.O.C. di pneumologia e del dipartimento di Medicina Specialistica dell’ULSS 22 Regione Veneto — per sapere se, a tale proposito, qualcosa è cambiato.
— Dr. Dal Negro: Sappiamo che il virus SARS-CoV2 riconosce il polmone profondo come sede principale della sua aggressività. I danni polmonari nei pazienti post Covid-19, non raramente, consistono in lesioni persistenti a carico degli alveoli e del micro-circolo polmonare. Le conseguenze nel tempo di tali fenomeni possono essere di entità variabile da soggetto a soggetto. E spesso durano ben oltre la risoluzione radiologica degli addensamenti polmonari tipici dell’infezione da SARS-CoV2. In questi casi, la persistenza di dispnea (fatica a respirare) e/o di tachicardia anche a seguito di sforzi modesti è il segnale più indicativo che riflette una funzione cardio-respiratoria non più efficiente.
— Dr. Dal Negro: No, questo tipo di lesioni non sono radiologicamente dimostrabili con RX torace o TAC torace nella fase post-Covid, quando cioè l’infezione è già stata ragionevolmente definita come risolta secondo i canoni tradizionali. Per individuare questo tipo di fenomeni e valutarne l’entità, è necessario eseguire dei test respiratori ultra-specialistici in grado di rilevare gli effetti fisiopatologici di tali alterazioni e di discriminare le cause alla loro origine. In questi casi, infatti, la dispnea e/o la tachicardia che persistono senza una “apparente” giustificazione secondo i consueti indicatori clinici.
Sono informazioni di interesse specifico per lo Pneumologo; ma anche per il Cardiologo e l’Internista che possono trovarsi a interpretare e gestire questo genere di problemi clinici.
— Dr. Dal Negro: È un’apparecchiatura realmente innovativa, di assoluta rilevanza ed utilità clinica soprattutto nei pazienti post Covid-19 (ma non solo) per:
> una definizione diagnostica più precisa;
> emettere un giudizio prognostico, prima d’ora impossibile in questi casi;
> orientare la strategia terapeutica più appropriata
— Dr. Dal Negro: Innanzitutto va detto che si tratta di una metodologia non invasiva, assolutamente innocua per il paziente, e di facile esecuzione. È in grado di identificare, con precisione, i diversi meccanismi responsabili di un eventuale alterato processo di diffusione dell’ossigeno nel sangue che arriva ai polmoni. Ciò è possibile mediante l’impiego contemporaneo di gas traccianti con diverse caratteristiche fisiche.
Nel caso dei pazienti post-COVID, consente soprattutto di discriminare se i problemi respiratori residui sono da attribuire ad una alterazione della membrana alveolare nel suo complesso (distrutta o danneggiata dall’infezione) o, invece, alla presenza di un danno esclusivamente a carico della componente circolatoria polmonare, tipica, purtroppo, della lesività da Covid-19. Questo è un punto molto importante per il Medico e per il paziente, in quanto consente di individuare e personalizzare il trattamento terapeutico più opportuno.